SunLife Scrapbook

We have a dream: un diario quasi quotidiano della vita "sotto il sole"


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Storia della Faradda

Sassari fu colpita dalla peste nel 1504, 1514 e 1652, cessarono tutte nel mese di agosto e per grazia della Vergine Assunta, e il popolo, diviso in otto gremi, portò otto ceri alla chiesa di Santa Maria di Betlem; per comune allegrezza vi fu portata anche una colonna con i nastri. La stessa funzione fu fatta per la prima peste nel 1504, come per la seconda nel 1514, e per la terza nel 1652, cessate tutte il 14 agosto.
La peste cominciò a Sassari nel 1652, durò dal 4 maggio al 10 agosto, fu allora che il Municipio fece il voto di portare ogni anno sette ceri a Santa Maria, i quali furono cangianti in sette torri detti Candelieri.
I Candelieri sassaresi risalgono al XIII secolo, al tempo del dominio pisano e quanto al voto fatto dalla Città, anch’esso d’origine remota.
I Candelieri consistevano in ceri colorati, ed a fioretti, da collocarsi sulle trabacche, (speciali piedistalli di legno) per venir trasportati a braccio, ed offerti dalle otto Corporazioni alla Chiesa, come si usava a Sassari nel XVII secolo.
La mattina della Festa dell’Assunta, si offrivano i ceri sopra le trabacche, portate da giovani vestiti in livrea; seguivano gli Anziani, il Podestà, il Capitano, e la masnada a cavallo, e poco dopo venivano tutte le Arti portando ciascuno il suo grosso cero tutto vestito.
Il Candeliere, o colunna incoronada, è composto in tre parti: la base, alla quale si inseriscono le stanghe, per venir trasportato; il fusto cilindrico, su cui è dipinta l’effige del Santo o meglio della Madonna Patrona del Gremio, con vari ornati in colore la parte superiore. Il fusto o colonna, soprapposta alla base, ha un capitello per lo più esagonale, sul quale si collocano numerose bandierine di orpello e di broccato, e in quello degli agricoltori ad ogni bandierina è unita ad una spiga di grano.
Dal 2013 i Candelieri sono Patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco.
I Candelieri da sette sono diventati negli anni 11, ed ecco dove potete assistere alla vestizione de li Candareri la mattina del 14 agosto, dalle 9 alle 13:

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Anita


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Porta Rosello

Era chiamata Porta Macello, si trovava nelle vicinanze del recinto dove si macellavano gli animali. Negli Statuti del 1295 si menzionava con il nome di Porta Gurusele.
Essa guardava la tramontana, verso la strada di Sorso.
Nel 1555 questa porta fu munita di nuove fortificazioni, forse costruito dopo l’assalto dato alla città dai francesi nel dicembre del 1527. Il Municipio, nel 1616, deliberò che questa porta venisse allargata.
Dal 1853 al 1854 la Porta Rosello venne demolita e di essa non rimangono oggi che i due fianchi.

 

Porta Nuova 

Questa porta fu aperta più tardi tre o quattro secoli dopo le sue compagne.
Nel 1613 il Consiglio deliberava di aprire una Porta Nuova nella Torre della Munizione, per evitare gli inconvenienti che potevano verificarsi attraversando l’orto di Monsignore per uscire da Porta Utzeri.
La Porta Nuova venne aperta per la comodità dei padri Gesuiti, i quali avevano più volte chiesto di aprire un’uscita nel proprio Collegio, verso la campagna (attuale giardino pubblico).
La Porta Nuova venne demolita nel 1874.


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Porta U’tzeri

Questa porta, conduceva alla chiesetta di Sant’Anna ed al convento di San Pietro, è una delle più antiche. Negli Statuti del 1294 è chiamata Porta de Utheri.
Si credeva che si ricevesse il battesimo dalle ulceri dei Leprosi, poiché anticamente tra la chiesa di Santa Elisabetta e quella di Santa Maria si trovava un Leprosario. E’ certo che si alludeva alle Acque della Rogna, non all’ospedale, che si trovava anticamente nelle vicinanze di San Pietro.
Secondo la storia della città, si credette che la porta prendesse il nome Utheri, perchè al di là si andava ad una villa o regione chiamata Usari di cui è menzionata anche negli Statuti (Sanctu Petru de Silki de Usari).
Anche nel Condaghe di San Pietro del 1120 si fa menzione di una vigna posta in Utheri, verso l’orto di San Pietro di Silki.
La porta era stata riedificata sotto il regime tedesco, ed il marmo fu rimosso quando l’isola passò di nuovo sotto Filippo V, nel 1717.
La porta Utzeri venne demolita nel 1857.

 

 


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Porta Sant’Antonio

Era quella  che guardava l’attuale stradone di Porto Torres.
Nel 1295 veniva chiamata de Sanctu Flasiu (San Biagio) perché conduceva alla chiesetta antichissima di questo nome. Più tardi fu ribattezzata di Sant’Antonio, per la vicina chiesa omonima ricostruita per i frati Serviti.
Nel 1540 la porta di Sant’Antonio era chiamata Porta Regia. Nell’agosto del 1613 il Consiglio maggiore deliberò di cambiar posto alla porta Sant’Antonio, aprendone un’altra fra le due torri, affinché fosse in prospetto della via maestra.
Per molto tempo la chiave di questa porta fu affidata al guardiano che abitava nella casetta vicina, e per poter aprire con prontezza i battenti, quando durante la notte un improvviso acquazzone minacciava di allagare tutte le case di quel rione.
Alla fine del XVIII secolo la chiave fu ritirata dal Governatore, tanto che nel 1781 venne incaricato un ingegnere per scongiurare il pericolo allagamento.
Nel 1806 quando entrò trionfalmente da questa porta il re Vittorio Emanuele I per far visita alla città di Sassari, i Consiglieri chiesero il permesso al Re di battezzare la porta con il nome di Porta Regia. Il Re concesse la grazia, ma la porta continuò a chiamarsi porta di Sant’Antonio, fino a quando non venne demolita nel 1866.

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Anita


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Porte della città

La cinta pentagonale delle muraglie, fino alla metà del XVII secolo, aveva solo quattro porte di uscita. Fronteggiavano quasi i quattro punti cardinali; erano in origine munite di saracinesche e in seguito di battenti in legno, che si aprivano all’alba e si chiudevano dopo l’Ave Maria. Suonata la campana del ritiro, nessuno poteva più entrare in città; dormiva fuori.
Il custode, come udiva la campana di città, gridava per tre volte ad alta voce: – Chi resta, resta! – e chiudeva subito i due battenti. Dopo questa chiusura, tolleravano per un’oretta i soliti riguardi alle persone distinte, o a qualche contadino di ben nota moralità.
Nel 1924 ciascuna delle quattro porte aveva due serrature: una delle chiavi veniva custodita dal Podestà l’altra da una buona persona di Sassari.
Il guardiano (portorargiu) era incaricato di guardare dalla grata chi entrava.
Ma queste quattro porte, fin da tempo antico, erano quasi sempre in pessimo stato, e richiedevano continue riparazioni nel 1545, 1636, 1780.
Con il Decreto del 1526 il Vicerè ordinava ai guardiani delle porte della città di far pagare una multa, ed arrestare tutti quelli che entravano o uscivano dalla città da sota les portes, quando queste porte erano chiuse.
Nel luglio del 1840 il Municipio chiese il permesso di lasciar aperte le cinque porte della città per comodo del pubblico, specialmente per i campagnoli e per i viaggiatori.


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Sant’Apollinare

E’ la quinta parrocchia, nell’ordine indicato nell’atto di Dorgodorio del 1278; l’unica a cui non fu applicata allora nessuna rendita, ne terreni.
Sorge nel rione più antico della città, dove è tradizione che Sassari abbia avuto la sua prima culla, ma anche l’origine di questa chiesa che si perde nella notte dei tempi.
Fu colpita dall’incendio la notte dal 13 al 14 dicembre 1651, crollò la chiesa antica  la quale fu ricostruita più ampia e rendendola più moderna, più nobile e preziosa di quella antica. Anche se la chiesa fu ingrandita quattro anni prima dell’incendio.
La facciata fu mantenuta perché è di stile gotico, fu riedificata nel XVII secolo e ricostruita nel 1906.
La storia misteriosa del crocifisso miracoloso, per la quale la Città di Sassari ha tanta venerazione, da tempo antichissimo. L’incendio avvenne per disattenzione del sagrestano nell’accendere le candele dell’altare, si sviluppò durante la notte improvviso e talmente violento che ben presto tutta la chiesa fu un rogo.
La nicchia fu carbonizzata e il prezioso simulacro del Salvatore fu trovato in parte bruciato, e in parte tizzoni.
Quando fu restaurata la chiesa di Sant’Apollinare, il simulacro fu affidato alle Monache Cappuccine, e collocato nel Coro prospiciente al presbiterio. E rimase per otto anni.
La tradizione vuole che questo Crocifisso toccasse miracolosamente le sponde di Porto Torres, dentro una grande cassa ermeticamente chiusa. L’arcivescovo ne prese possesso, e venne trasportata a Sassari sopra un carro a buoi, ma passando nella porta di Sant’Antonio, i buoi si fermarono ed allora capì che il Simulacro voleva essere collocato li. Da questa tradizione si deduce che il Crocifisso non può essere anteriore al 1441, anno in cui avvenne la traslazione della sede metropolitana da Torres a Sassari.
Il Cristo è nero, lucido, verniciato.

 

 

Anita


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Piazza Santa Caterina e la Guardia

E’ la cinquecentesca chiesa di Gesù e Maria, fu fondata nel 1278.
Dove ora sorge la statua di Domenica Alberto Azuni esisteva la vecchia chiesa di Santa Caterina, con gradinata verso la piazza. Lo spazio triangolare, fra le scalette e l’imbocco della Carra piccola, era chiamato Piazzetta di Santa Caterina.
Era il punto più nobile della città per il ritrovo dei signori, specialmente dopo  che vi fu aperto, verso il 1847, l’elegante Caffè Bossalino.
Al fianco della chiesa era un altro largo, per cui si accedeva al Palazzo Regio. Questa piazzetta era denominata del Governatore, ma più comunemente la Guardia, per la sentinella che vi era in permanenza da tempo antico.
La chiesa fu poi demolita nel 1853.

 

La vecchia chiesa di Santa Caterina                                                                   L’attuale chiesa di Santa Caterina

 

 

Anita


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Il castello Aragonese

Nel 1330, successivamente alle mura, venne edificato il Castello Aragonese.
Piazza Castello era anticamente lo slargo antistante al Castello Aragonese, sede del Governatore e della Milizia aragonese, poi sede dell’Inquisizione ed infine caserma e carcere sotto i Savoia.
Nel 1829 si fece uno studio per l’ingrandimento della città fuori porta e ne conseguì un progetto di espansione che prevedeva la costruzione di una nuova piazza e di strade con portici, secondo il modello piemontese.
Risultato fu la costruzione di Piazza d’Italia e dei Portici Bargone e Crispo che collegano con Piazza Castello.
Il Catello fu demolito fra il 1877 e il 1880, sulla area fu edificata la nuova caserma La Marmora (La Brigata Sassari), nel cui cortile sono murati alcuni stemmi provenienti dal Castello.
Popolarmente chiamato “Lu Pianu”, ancora oggi, quasi a voler ricordare l’importanza del vecchio sito, è il punto di partenza della discesa dei Candelieri il 14 agosto.

Prima e dopo

 

Anita


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Sassari e le mura

Seppur di architettura modesta, le mura hanno pur sempre il privilegio di racchiudere la storia della città.
Il tessuto urbano originario risale al Medioevo: la cinta muraria fu iniziata nel XIII secolo dai Pisani, ripresa dai Genovesi e modificata dagli Aragonesi. A forma pentagonale, era lunga circa due chilometri ed era intervallata da 36 torri a pianta quadrata, tranne una forma cilindrica, chiamata “Turandola” in via Torre Tonda.
Erertte a scopo difensivo, le mura erano originariamente aperte da quattro porte ( S.Antonio-nord, Utzeri-ponente, Castello-sud, Rosello/Macello-levante), che prima della suddivisione in cinque parrocchie (1278), corrispondevano a quattro quartieri.
Caratteristica particolare è il fatto che pressa ognuna delle quattro porte sorgeva una cappella, dove i contadini sostavano in preghiera al mattina prima di recarsi ai campi e la sera al ritorno.
Di queste cappelle di N.S. di Loreto, posta a fianco di Porta Macello, corso Trinità 2 (il piccolo vano con volte a crociera e minuscole gemme è ora occupato da un bar).
Sassari continuò a tenere il tipico aspetto di città murata medioevale fino alla metà dell’800, quando iniziò il processo di espansione urbanistica che vedrà sacrificata la cinta muraria, della quale non restano altro che brandelli sparsi. Ne rimane evidenza nei tratti di mura con stemmi ben visibili in corso Trinità;nella torre merlata quadrangolare di porta Sant’Antonio e nella torre cilindrica di via Torre Tonda.
Invece le quattro porte, Sant’Antonio, Utzeri, Castello e Rosello, corrispondevano inizialmente ad altrettanti quartieri.
E’ proprio nel quartiere di Sant’Apollinare che la tradizione vuole sia nata la città di Sassari (tra i luoghi significativi di questo angolo di città sono Pozzo di Villa, Quadrato Frasso, ove pare abitasse l’ultimo boia).

 

Le mura                                                                                                          Le mura con gli stemmi di Sassari

 

Anita


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La festa del Voto

La tradizione vuole che il simulacro della Vergine, venne rinvenuto sotto il basamento della “Colonna del Miracolo” nel 1472, durante la predica del beato Bernardino da Feltre. In seguito al ritrovamento venne eretta la cappella che diede vita al culto della Vergine delle Grazie. E’ anche patrona del gremio dei Massai.
A Sassari la “Festa del Voto” è molto sentita, che, in ricordo del voto che, durante
l’ultima guerra mondiale, fece l’allora Arcivescovo di Sassari, Arcangelo Mazzotti, alla Madonna delle Grazie di San Pietro in Silki, dopo che una bomba cadde nei pressi della stazione ferroviaria. L’Arcivescovo promise con voto solenne, che ogni anno si sarebbe svolta una processione, dal Duomo alla Chiesa di S. Pietro, per onorare lo scioglimento del voto. Gli aerei militari che avevano ricevuto l’ordine di bombardare Sassari non riuscirono a farlo e la città fu risparmiata.
Da quel giorno ogni ultima domenica di maggio il simulacro della Vergine viene portato solennemente in processione dalla Cattedrale al Santuario dove rimane esposta tutto l’anno.

Anita